lunedì 21 ottobre 2013

Prove di libertà

Invito per incontro Centro Interculturale CDLEI, Bologna, 2012
Il 25 ottobre, e fino al 3 novembre, a Pavia, presso lo Spazio per le Arti Contemporanee di Palazzo del Broletto di piazza della Vittoria, inaugura una personale di Alicia Baladan. La mostra fa parte del Festival dell’Illustrazione di Pavia, alla sua sesta edizione, quest'anno ispirato al mito dell'ippogrifo ariostesco riveduto da Italo Calvino. Il festival ogni anno prevede tre esposizioni (qui trovate tutto sugli eventi in programma) e un focus su un illustratore emergente a cui viene dato un premio in denaro e al cui lavoro viene dedicata una mostra. Quest'anno è toccato ad Alicia.

Prime idee per Piccolo grande Uruguay, 2011.

Esposte, troverete, oltre ad altri lavori, molte delle tavole realizzate per i libri pubblicati da Alicia in questi anni, la maggior parte dei quali nel nostro catalogo: Una storia Guaranì, del 2010 (menzione al concorso “migliori illustrazioni latinoamericane 2010, Universidad de Palermo, Argentina); Cielo bambino, del 2011 (selezionato a Ilustrarte 2012, Biennale dell’illustrazione del Portogallo); Piccolo, grande Uruguay, sempre del 2011; Cuentos del globo, edito da Pequeno nel 2011; La leggerezza perduta, del 2013.


Sopra e a destra: Un masso, appunti
in pantone, a voce alta. 2011






















Alicia ci ha comunicata la notizia della mostra e del premio perché aveva necessità di acquistare alcuni libri da esporre. Se non ne avesse avuto necessità, temo che ci sarebbe arrivato l'invito il giorno prima dell'inaugurazione, e questo post non avremmo avuto il tempo di farlo. E ce ne saremmo rammaricati. Questo per dire che Alicia è uno di quegli illustratori che vive in perfetta serenità nell'ombra: schiva, ritirata, concentrata e dedita, nella tranquillità (si fa per dire...), al suo lavoro. Credo che il suo temperamento fantastico, solitario e rigoroso, si percepisca bene dalle sue illustrazioni abitate da personaggi che paiono sempre sull'orlo di rivelazioni, caduti fuori dal tempo, affacciati su paesaggi misteriosi, implicati in accadimenti e vicende surreali.




















Auguri di Pasqua, 2013, 2012, 2011.

Prima di scrivere questo post, dato che di lei qui abbiamo già scritto parecchio, e non volevo ripetermi, ho fatto visita al suo blog in cerca di ispirazione. E ho trovato cose che non ricordavo di avere mai visto: schizzi, prove, disegni, lavori più o meno veloci realizzati per mostre, concorsi, depliant, occasioni diverse... Ovvero quel tipo di materiale che costituisce il lavoro quotidiano di un illustratore.
Un editore ai suoi autori chiede una prestazione particolare e impegnativa: pretende un lavoro finito, compiuto, coerente, pensato per vivere insieme a un testo, finalizzato alla riuscita di un libro, un prodotto che finirà prima sugli scaffali di una libreria, poi nelle mani di un lettore, anzi di numerose librerie e di numerosi lettori, e non in un solo paese del mondo, ma spesso in diversi. Tutto ciò porta l'illustratore, giustamente, a pensare “istituzionalmente” al proprio lavoro e a realizzarlo in questa prospettiva. Quindi diciamo che l'editore, nel corso della realizzazione del libro vedrà il lavoro in diverse fasi, ma sempre si tratterà di un lavoro impostato secondo questa visuale, per quanto ancora imperfetto.
Blu, 2011.

Prova di copertina per Cielo bambino, 2011.

Per questo, quando un editore si trova invece a poter spiare nel quotidiano di un illustratore, fra le sue carte sparse, nei suoi cassetti, sul suo tavolo, scopre un mondo e una dimensione del fare sorprendente e sconosciuta, quasi esotica, tanto si ha la sensazione che sia inesplorata. Per fare un paragone è come incontrare per strada una persona che si è abituati a vedere al lavoro. Cambiano a tal punto i suoi gesti, modi, abiti, parole, espressioni, da farla risultare a volte irriconoscibile.
Io non so se le immagini che ho scelto per questo post in omaggio ad Alicia e al suo fervido immaginario, saranno esposte a Pavia. Credo di no. Là ci saranno quelle, splendide, che ha fatto per i libri e là le potrete ammirare, dato che meritano, sicuramente, una visita. Ma qui ho preferito mettere queste.

Schizzi per Una storia Guaranì, 2010.

Schizzi per La mia valle, 2012.

Non ricordo più che artista diceva, o di che artista si diceva (il solito, inevitabile Picasso?), che il senso dell'opera o, meglio, l'opera stessa, non sta negli highlight quanto nell'intero percorso, nello sviluppo del lavoro di un artista. E che, pertanto, le eccellenze vanno considerate come parti di un insieme il quale, solo, dà conto delle parti e del loro significato. Per quanto io sia un editore, e quindi condannata a pretendere dagli autori prestazioni “istituzionali”, trovo congeniale questo punto di vista.

Work in progress, 2013.

Personalmente, il movimento che dà l'anarchia del lavoro quotidiano, la sua mobilità, l'imprevedibilità, il non compiuto, l'imperfetto, il non finito, l'occasionale che contraddistingue questi materiali, i tentativi, gli scherzi, i giochi sono per me davvero, alla fine, nel lavoro di un artista, il lato più affascinante. Quello che mi sorprende di più, e che alla fine più invidio come prove di una libertà rispetto a se stessi che io immagino affondi le sue radici nel rapporto costante con la materia. Forse perché con le parole è davvero tutto diverso.

Illustrazione per la mostra Corpo di mille balene, Cantù, 2013

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